Multimedia producer? Digital leader? New media specialist? Cross-media director? Web Manager?
Cosa diavolo scriverò sotto al mio nome, nel biglietto da visita?
Storia e preistoria delle cosiddette “nuove tecnologie digitali” viste da uno che ci è caduto dentro da piccolo.
A quella sparuta minoranza di voi che ha fatto click sulla mia biografia dirò che la mia identità professionale si sviluppò a partire dal 1989 grazie a due fattori scatenanti (la passione per la chitarra e il computer) e due fattori catalizzanti: un anno di “esilio” a L’Aquila, transfugo dall’Università e un corso per “Midifonico – specializzato in tecniche di campionamento e sistemi di automazione musicale”.
Avevo lavorato per un anno a L’Aquila in quello che era il più grande negozio di strumenti musicali dell’Italia centrale, avendo la possibilità di testare ogni nuova tecnologia musicale che si affacciava sul mercato.
Erano i tempi del midi sequencer Steimberg pro 24 che girava su Atari 1024 (un mega di Ram e lettore floppy disk) con cui si avevano 24 tracce midi registrabili. Era la crisalide di quello che sarebbe diventato Cubase e io potevo studiarlo tutto il giorno, disponendo per di più di uno spaventoso parco macchine midi.
Nel 1989, mentre cadeva il muro a Berlino, Ceausescu a Bucharest e Noriega a Panama, io ero un ventiduenne con una Fender Stratocaster in una mano e un Sinclair ZX Spectrum nell’altra, mi piaceva suonare ma anche programmare.
In quell’anno passato a L’Aquila credevo di diventare tecnico del suono, ma invece mi ritrovai su una strada straordinariamente più ricca e piena di potenzialità: la computer music.
Nel 1990 il corso di un anno a Roma per la qualifica di “Midifonico – operatore di sistemi di automazione musicale specializzato in tecniche di campionamento” in orientò le mie competenze verso la computer music
Mai avrei pensato che quei due amori adolescenziali (il computer e la musica) avrebbero creato, fondendosi, tutt’altra cosa e mi avrebbero proiettato in quello che stava per chiamarsi “il multimedia” ovvero la capacità dei calcolatori di memorizzare e riprodurre immagini, audio e video sincronizzati , in forma digitale, in risposta ai cosiddetti “eventi utente”, ovvero il click del puntatore su un pulsante, la pressione di un tasto della tastiera ecc.
Questa semplice associazione materializzava il concetto di “interattività” della riproduzione audio-visiva, che grazie a software di authoring come HyperCard (di Bill Atkins) e Director, rendeva possibili applicazioni di grande impatto cognitivo, per l’epoca, come i cataloghi elettronici, i punti informativi aziendali o museali, i prodotti editoriali di divulgazione o intrattenimento su cd Rom.
Si disponeva di pochi oggetti di interazione: menu, pulsanti, campi di testo, radio buttons e si potevano importare immagini, audio e video, programmando con facilità delle interfacce che rendevano disponibili contenuti complessi, eterogenei e organizzati, a comando dell’utente.
Erano gli anni in cui la rivoluzione digitale bolliva ancora nei pentoloni di pochi arditi sperimentatori, ma stava per travolgere ogni aspetto della comunicazione, intesa nel suo più ampio spettro immaginabile.
Nel mio piccolo, io e un manipolo di visionari riuscimmo a immaginare e produrre prodotti interattivi
[to be continued]